PNRR _ Programma di Azione per la Rinaturazione del Po

Il fiume Po è il fiume più lungo d’Italia.

Lungo 652 km, il suo bacino idrografico occupa oltre 70.000 kmq, in una delle aree europee più densamente abitate, oltre 16 milioni di abitanti, la Pianura Padana.

L’eccessiva canalizzazione dell’alveo del fiume, l’inquinamento delle acque, il consumo del suolo e le escavazioni del letto del fiume fino agli anni ’70 hanno compromesso le sue caratteristiche originarie, dando luogo ad un aumento del rischio idrogeologico e alla frammentazione degli habitat naturali. Ciò ha reso indispensabile avviare una diffusa azione di rinaturalizzazione lungo tutta l’area, al fine di riattivare i processi naturali e favorire il recupero della biodiversità.

La necessità di rendere operative queste azioni  ha fatto sì che l’Agenzia Interregionale per il fiume Po sottoscrivesse nel 2023, con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il MASE, un accordo operativo che la individua come soggetto attuatore dell’Investimento 3.3 M2C4 del PNRR denominato “Rinaturazione dell’area del Po“. Tale investimento si propone di contribuire al recupero del corridoio ecologico rappresentato dall’area del fiume e dalle sue fasce riparie, caratterizzato da una notevole diversità di ambienti (sponde, isole, banchi di sabbia, …) che devono essere protetti e ripristinati. Il Programma di Azione per la Rinaturazione del Po ha come obiettivo accelerare la transizione ecologica attraverso alcune azioni mirate; la Componente 4, in cui ricade il progetto, punta dunque a migliorare la gestione delle risorse idriche, congiuntamente all’incremento della biodiversità del territorio, attraverso soluzioni che favoriscano l’integrazione tra queste finalità (Nature Based Solutions).

Ciò sarà reso possibile attraverso un ampio sistema di interventi di ricostruzione morfologica e restauro ecologico che coinvolge l’intera asta fluviale del più grande fiume italiano, interessato (soprattutto negli ultimi decenni) da processi di antropizzazione e artificializzazione del corso d’acqua e dalle sue zone rivierasche che non hanno fortunatamente pregiudicato la permenenza di una dimensione ecologica e ambientale di eccezionale interesse.

MIGLIORAMENTO ECOLOGICO FUNZIONALE DEGLI ECOSISTEMI E CONTENIMENTO DELLE SPECIE ALLOCTONE INVASIVE

La diffusa presenza di piante alloctone invasive ha causato un impoverimento a livello ecologico e di biodiversità degli ecosistemi fluviali, dominando in particolare lo strato erbaceo e quello arbustivo: attraverso particolari interventi di contenimento delle alloctone e riforestazione, attraverso il PdA si intende avviare un miglioramento a livello ecologico e funzionale degli ecosistemi.

Le specie aliene invasive sono una minaccia reale per la biodiversità globale; introdotte dalle migrazioni e dalle attività dell’uomo, necessitano di piani di gestione specifici: il loro impatto sugli ecostitemi costituisce la seconda causa di perdita della biodiversità, dopo la perdita e la frammentazione degli habitat.

Gli interventi di controllo delle specie alloctone invasive mirano al contenimento e all’eradicazione di alcune specie identificate dal Piano d’Azione come maggiormente diffuse:

  • Amorpha fruticosa L. _ specia altamente diffusa, originaria del nord America;
  • Sicyos angulatus L. _ specie diffusa, originaria dell’America settentrionale;
  • Acer Negund L. _ specie sporadica, originaria di nord e centro America;
  • Reunoutria Spp _ Specie sporadica, originaria dell’Asia orientale.

Presenti nelle specifiche aree del progetto, da sporadiche a infestanti, al fine di promuovere una lotta efficace è necessario integrare gli interventi di messa a dimora di specie autoctone competitive, con adeguate misure di contenimento e manutenzioni da effettuare regolarmente, con particolare attenzione alle aree aperte, nelle quali le piante alloctone sembrano essere più competitive, grazie all’assenza di copertura arborea e, dunque, di ombreggiamento.

La strategia di contenimento e di eradicazione di vegetazione alloctona invasiva si basa sull’analisi delle indicazioni regionali e dei casi di successo, al fine di elaborare azioni di controllo efficaci, a seconda del sito di intervento; fondamentale per una lotta efficace alla diffusione delle specie alloctone sarà dunque l’elaborazione di un piano di manutenzione e della sua ottemperanza, prevedendo al contempo, misure periodiche di monitoraggio e verifica.

PNRR _ “Un caso studio di progettazione della foresta urbana e periurbana” a cura di Dott. G. Uliana

Il progetto prevede interventi di forestazione in ambito perifluviale del fiume Po, nella Riserva Naturale della Confluenza della Dora Baltea (ZSC IT1110019 Baraccone (confluenza Po-Dora Baltea) e nell’area contigua della fascia del Po – tratto torinese, su una superficie complessiva di54,27 ha.

Gli interventi previsti sono impostati sulle seguenti basi:

  • coerenza con i complessi vegetazionali di cui alla vegetazione naturale potenziale della zona in cui si calano gli interventi stessi;
  • differenziazione della scelta di specie e schemi d’impianto in funzione delle caratteristiche stazioni dei vari siti di intervento, con particolare attenzione agli aspetti pedologici.

Di fatto, il progetto prevede la realizzazione di due tipi progettuali, differenti sia per riferimento vegetazionale che strutturale, e cioè:

  • la Tipologia n.1, caratterizzato da celle costituite da cluster di estensione limitata, con maggiori distanze tra gli stessi, distanze d’impianto tra 0,5 e 2 m (elevata densità d’impianto nei cluster) ed i cui modelli vegetazionali di riferimento sono il saliceto arbustivo ed il saliceto ripariale, prevalentemente localizzato sui suoli di greto (con o senza idromorfia) e su quelli dei terrazzialluvionali recenti;
  • la Tipologia n.2, caratterizzato da celle costituite da cluster di maggior dimensioni, con distanze minori tra gli stessi, distanze d’impianto tra 1 e 3 m (medio – elevata densità d’impianto nei cluster) ed i cui modelli di riferimento sono il querco – carpineto nella sua tipica facies e/o in quella golenale, localizzate sui suoli delle alluvioni meno recenti, più profondi rispetto a quelli di cui al precedente punto.

 

Le aree di intervento sono attualmente caratterizzate da soprassuoli definiti da una certa eterogeneità, tale per cui di volta in volta prevalgono, nelle aree piantabili, incolti erbacei più o meno dominati da infestanti alloctone (in primis Fallopia japonica), incolti arbustivi a predominanza di Amorpha fruticosa (talora quasi in purezza), boscaglie d’invasione di robinia che talora sono già strutturate a ceduo.

In totale, si prevede la messa a dimora di 71.579 piante, di cui 49.775 alberi e 21.804 arbusti, per una densità d’impianto totale pari a 1.576 piante/ha; vengono pertanto ad essere rispettati i requisiti di cui al Piano di forestazione urbana ed extraurbana di almeno 1.000 piante/ha di cui non oltre il 30% di specie arbustive.

La scelta di dimensionare l’imboschimento su un a densità d’impianto superiore a 1.000 piante/ha poggia su un obbiettivo di compensazione delle possibili fallanze con una maggiore densità d’impianto, pervenendo in tal modo al raggiungimento della densità richiesta, unitamente alle cure colturali, a 5 anni dall’intervento.

Si ritiene che l’impianto ad attecchimento avvenuto, sarà compatibile con la definizione di bosco data dalla normativa vigente. Il disegno di impianto, le specie utilizzate e la manutenzione percinque anni dalla messa a dimora delle piante potranno consentire la costituzione di cenosi boschive, fisionomicamente e strutturalmente assimilabili a quelle della vegetazione naturale potenziale della zona d’intervento, in grado di evolvere successivamente in modo naturale senza apporti di input dall’esterno.

L’evoluzione dell’impianto seguirà le fasi di accrescimento dei vari gruppi di specie con sviluppo e capacità di copertura rapida. Nel tempo di circa 10-15 anni la copertura fornita da queste specie colonizzatrici colmerà lo spazio occupato dai filari più esterni. Una volta terminata la fase di manutenzione che, in relazione ai ripetuti sfalci del cotico erboso nelle interfile/radure/corridoi, riduce la competizione con le specie di impianto, si prevede anche una buona capacità di diffusione delle diverse specie per disseminazione man mano che queste raggiungeranno la fase di maturità riproduttiva.

Per almeno un ventennio prevarranno le specie colonizzatrici a rapido accrescimento, dopo di che ci si attende che gradualmente siano le specie tipiche dello stadio climacico a prendere il sopravvento e a caratterizzare l’impianto, conferendo allo stesso la biodiversità caratteristica degli habitat forestali di questo tipo. Al termine di un periodo di 15- 20 anni sarà comunque possibile programmare un intervento di diradamento, finalizzato a diminuire il peso delle specie a più rapido accrescimento (pioppi e salici) e delle specie considerabili come accessorie rispetto alla tipologia forestale di riferimento (es. ciliegio e frassino); potranno essere anche eliminati alcuni degli esemplari delle specie principali che risultino mal conformati o interessati da patologie. Il diradamento potrà interessare una percentuale compresa tra il 30 e il 50% del numero totale di piante presenti, mantenendo comunque alcuni rappresentanti di ognuna delle specie impiantate, e non dovrà seguire schemi geometrici ma anzi dovrà consentire di incrementare il livello di naturalità della formazione.

https://www.arcella.eu/wp-content/uploads/2025/02/Casi-studio-di-progettazione-della-foresta-urbana-e-periurbana-_-Uliana.pdf

PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA _ Città Metropolitana di Torino

Missione 2 – Componente 4 – Investimento 3.1 _ “Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano” Progetto TO03 – Intervento di riforestazione di aree perifluviali lungo l’asta del Po

Interviste ai sindaci di Brusasco e Cavagnolo dove proseguono gli interventi di riforestazione finanziati alla Città metropolitana attraverso il PNRR. Da parte delle amministrazioni comunali, tanti progetti per conservare valorizzare la zona di grande interesse naturalistico. Intervista ai Sindaci Bosso di Brusasco e Gavazza di Cavagnolo.

PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA _ Città Metropolitana di Torino

PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA

Missione 2 – Componente 4 – Investimento 3.1  _ “Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano”                                                                                                                                                         Progetto TO03 – Intervento di riforestazione di aree perifluviali lungo l’asta del Po

Un progetto che ci vede operare in qualità di impresa esecutrice nei comuni di Verolengo, San Sebastiano da Po, Cavagnolo e Brusasco.

Di seguito, la presentazione a cura di Gabriele Bovo, Direzione sistemi naturali – Città Metropolitana di Torino “Decreto clima e PNRR Riqualificazioni fluviali attraverso la forestazione” : Connessioni, il fiume Po possibile corridoio ecologico della Pianura Padana bovo_cmto_-_decreto_clima_e_pnrr_0

 

Alternanza scuola – lavoro

In collaborazione con il Liceo Statale “Alfano I” di Salerno sono state realizzate le giornate di stage per i “Sistemi dunali come luoghi di tutela e di impresa” presso l’area custodita da Legambiente nell’Oasi di Capaccio – Paestum.

Le attività svolte, per una durata di 21 ore di formazione, hanno riguardato la realizzazione di opere di ingegneria naturalistica per la protezione dall’erosione dunale mediante impiego di materiale

vegetativo prodotto nell’ambito del progetto ASL presso il vivaio regionale in azienda Improsta di Eboli.

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Progetto di recupero della biodiversità

  1. Il progetto germoplasma

 Genesi e scopo del progetto

Il progetto germoplasma è stato elaborato nel 2001 per la stabilizzazione di  8 LSU (Lavoratori Socialmente Utili) del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Per la stabilizzazione si è fatto riferimento all’affidamento diretto a cooperative e/o consorzi di cooperative ai sensi dell’art. 10, comma 3 del D. L. 468/97 e successive modifiche e integrazioni.

Il quadro di riferimento entro il quale si operato si riferisce agli incontri avuti tra Ente Parco, SCO, Ministero per l’Ambiente e Sindacati. I lavoratori interessati hanno seguito un corso sulla cooperazione e sul loro percorso di stabilizzazione di 20 ore.

I lavoratori che rientrano nel progetto sono stati assunti da una cooperativa locale, la coop. Arcella di Celle di Bulgheria (SA), con un rapporto lavorativo da dipendenti e un contratto a tempo parziale (30 ore/settimana).

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